Il presente studio prende le mosse dall’avere ritrovato in una collezione privata una lastra rettangolare in terracotta di cm. 60 x 42, terminante in alto a volta in tipologia absidale. All’interno in altorilievo un gruppo scultoreo rappresenta San Martino a cavallo che divide il suo mantello col povero, denominato anche La Carità di San Martino. Manca il braccio dalla spalla sinistra del Santo e sono presenti alcuni incollaggi, ma complessivamente la terracotta appare in condizioni discrete.

Gian Lorenzo Bernini
Lastra con gruppo scultoreo in altorilievo: Carità di San Martino, terracotta; sec. XVII, metà ca. Collezione privata.

La figurazione trova un parallelo nella statua marmorea con la Carità di San Martino a Napoli, un tempo all’ingresso della Certosa di San Martino ed ora nel locale Museo, opera di Pietro Bernini.

Pietro Bernini, Carità di San Martino, marmo;
1598. Napoli, Museo Nazionale di San Martino.

Per comprendere la genesi dell’opera ripercorriamo brevemente gli esordi dello scultore.
nato a Sesto Fiorentino nel 1562, dopo un apprendistato a Firenze a contatto con il fervore artistico della città toscana, si recò a Napoli dove iniziò una fortunata attività artistica e dove anche si sposò, divenendo padre di Gian Lorenzo nel 1598. Trascorse ancora un breve periodo con la moglie a Firenze, ma fra il 1596 e il 1567 ritornò a Napoli, facendosi notare per le sue opere in marmo. Così intorno al 1598 ricevette dal Viceré l’incarico di realizzare alcune statue per la trecentesca Certosa di San Martino, che si andava rimodernando in stile ormai barocco. Iniziò quindi per Pietro un fervido periodo di opere importanti nella città partenopea. Proprio per la Certosa realizzò in marmo l’altorilievo con “San Martino che dona il mantello al povero”, seguendo la vera storia del santo.

Tuttavia al confronto diretto fra l’altorilievo marmoreo alla Certosa e la terracotta qui in esame, avvertiamo immediatamente sostanziali differenze, non di immagine, ma di stile che inducono ad alcune riflessioni, nonché perplessità. Sarebbe logico ritenere che la terracotta sia stato il modello per il marmo, anche in considerazione del fatto che i Bernini, padre e figlio, furono usi a creare bozzetti in terracotta da mostrare ai vari committenti. Di Gian Lorenzo, nato a Napoli nel 1598 e ben presto messosi in luce accanto al padre in Roma, ne rimangono molti, fra i quali ricordiamo i bellissimi per la Cattedra di San Pietro nella Basilica Vaticana; eppure troppa differenza avvertiamo fra le due opere. Il marmo scolpito da Pietro appare assai raggelato rispetto alla terracotta e vi si avvertono retaggi donatelliani ancora quattrocenteschi. Il Santo è rigido sulla sella, così come il cavallo è distratto e indifferente, né si volge a seguire la scena; più mosso e senz’altro migliore è il povero che riceve la metà del mantello. Viene in mente la frase del Baglione che nella vita di Pietro Bernini scrisse:
Pietro con ogni franchezza maneggiava il marmo, sicché in ciò pochi pari egli ebbe…
…se quest’huomo havesse havuto maggior disegno per la facilità dell’operare si sarebbe assai avanzato”.

Pietro fu indubbiamente superato dal figlio Gian Lorenzo, e il confronto fra i due, che pure spesso lavorarono insieme, è in effetti ingeneroso. Riflettendo ed esaminando con il dovuto distacco la terracotta, notiamo che le dimensioni superano forse il concetto comune di bozzetto, ma questo non basta, perché anche molte terrecotte di Gian Lorenzo sono piuttosto grandi. Tuttavia dalla nostra emana un afflato stilistico così alto che incanta lo spettatore. Tutta la figurazione è mossa da un vento impetuoso: scompiglia la chioma del cavallo, che si volge d’improvviso con un’impennata della zampa sì che con la testa si forma una straordinaria correlazione simmetrica; scuote vorticosamente il mantello, a stento trattenuto dalla mano del povero che seminudo, opposto al cavallo, alza il braccio a trattenere il lembo della stoffa, creando così un’altra bellissima correlazione. San Martino nel mezzo di questo vortice sovrasta le due figure, creando una sinfonia triangolare, molto interessante sotto vari punti di vista. Nel viso ha una espressione dolcissima e si volge verso il povero che contraccambia con atto di sincera adorazione.

Lastra in terracotta con Carità di San Martino, particolari.

Pare di rivedere nello sguardo intensissimo che passa dal Santo al semplice mendicante quella espressione di totale abbandono a Dio che, elevato all’ennesima potenza, troviamo nelle figure delle mistiche realizzate da Gian Lorenzo, da Santa Teresa alla beata Lodovica Albertoni.
Osserviamo inoltre che i visi dei due personaggi nella terracotta ricordano nell’atteggiamento i famigliari che assistono all’estasi di Santa Teresa nella Cappella Cornaro in Santa Maria della Vittoria a Roma, mentre il cavallo appare ancora vicino al tardo modello, pure in terracotta, per la statua equestre di Luigi XIV, ora alla Galleria Borghese.

 Gian Lorenzo Bernini, Monumento equestre a Luigi XIV, bozzetto in terracotta; 1669-1670. Roma, Galleria Borghese.

Come inquadrare, alla luce di quanto esaminato, la terracotta che indubbiamente ha identico modulo narrativo del rilievo marmoreo di Pietro alla Certosa di Napoli? Modello antecedente o derivazione posteriore? Non è impossibile ritenere che una famiglia, forse partenopea, abbia voluto per la propria dimora, in Napoli o altrove, una copia berniniana della statua con San Martino, presente nella amata Certosa. Essendo Pietro morto a Roma nel 1629, si sia allora rivolta al figlio Gian Lorenzo, già collaboratore del padre in tante opere pure importanti. Nel retro è evidente lo stacco da un muro; forse era stato inserito come sovrapporta nell’ingresso di un palazzo od anche in una fontana, struttura architettonica molto presente nei giardini delle dimore in epoca barocca. Rimane dunque da definire il periodo in cui inserire la terracotta all’interno della tormentata ed intensa vita di Lorenzo. Infatti quando Pietro eseguì la statua per la Certosa, si era nel 1598, quando Lorenzo era appena nato, quindi questa terracotta è indubbiamente posteriore, ma di quanto?
Considerando che essa si dimostra chiaramente un’opera finita, riteniamo di poterla inserire intorno alla metà del secolo diciassettesimo, fra il verticalismo piramidale della Fontana dei Fiumi a Piazza Navona (1648 – 1651) e il Costantino a cavallo posizionato nel 1670 nell’atrio della Basilica di San Pietro, ma già iniziato nel 1654.
Comunque sia giunta fino a noi attraverso il mercato antiquario, questa bella terracotta rivela tutta la potenzialità che sa offrire la manipolazione della semplice creta nelle mani sapienti di un artista .

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