Tra le imprese più ardue a cui uno storico dell’arte potrebbe votarsi vi è sicuramente quella della catalogazione dei crocifissi usciti dalla fonderia del Giambologna e da quelle che a lui si ispiravano. Le innovazioni stilistiche apportate al soggetto dal grande scultore si diffusero infatti in Toscana almeno per tutto il Seicento.
Lungi dall'idea di azzardare attribuzioni a grandi nomi per il nostro bell’esemplare, non possiamo però non rilevarne la decisa somiglianza con opere pubblicate del grande scultore come stimolo di riflessione per il collezionista connoisseur.
Volendo riassumere in rapidissima e certamente non esaustiva sintesi i termini salienti della questione dei Crocefissi del Giambologna, si deve fare riferimento all’influenza esercitata sulla produzione posteriore di questo soggetto da un gruppo di opere auliche, invenzioni di prima mano del maestro che introducono il suo inconfondibile canone iconografico. Tali opere si possono suddividere in due grandi tipologie.
La tipologia che ha come suo primissimo modello il Crocefisso donato da Giambologna alle monache domenicane di Santa Maria degli Angiolini (vedi nella scheda del lotto numero 80 del presente catalogo l’elenco delle principali opere auliche di questo tipo, tutte di grandi dimensioni e risalenti alla fine del XVI secolo) presenta corpo piuttosto allungato, perizoma stretto molto tirato, annodato sul fianco destro, e una testa importante inanellata di capelli.
La seconda tipologia è invece quella derivante dal piccolo Cristo in argento della Santa Casa di Loreto. Si caratterizza per un perizoma meno teso che si insinua fra le cosce generando una sorta di triangolo. Annodato sul fianco destro, si conclude con una fusciacca morbida e lunga.
Sulla scia di questi prototipi, la fonderia di Giambologna produsse molti Cristi in bronzo e argento finalizzati alla devozione privata o alla funzione di doni diplomatici. La critica più recente ha ritenuto che tale fortunata produzione fosse di pertinenza dei collaboratori del maestro e, in particolare, di Antonio Susini, assunto, al termine del suo apprendistato come orafo, per specializzarlo nella fusione e nel cesello delle sculture in bronzo e metalli preziosi di dimensioni domestiche, intorno ai 30 cm.
La scuola di Giambologna si mantenne tendenzialmente fedele alle varianti già proposte dal maestro nelle opere diventate modello. I perizoma dunque variano ma nell’ambito di un repertorio che rimane costante.
Il crocifisso qui presentato si colloca con chiarezza nella categoria dei Cristi con perizoma a panneggio stretto e tirato, annodato sull'anca destra.
Di rilievo la finissima lavorazione della testa e dei piedi e la realistica rappresentazione del costato.
Mutilo di un pezzetto della fusciacca.
Sia per il modello di perizoma che per la bella patina lucida e rossastra, si avvicinano molto al nostro due bronzetti della collezione di Michael Hall che Charles Avery attribuisce ad Antonio Susini.
Con le dovute cautele del caso, lo proponiamo come opera della scuola di Antonio Susini, probabilmente XVII secolo.
Charles Avery- Michael Hall, Giambologna Sculptor of the Medici - Somogy Éditions d'Art, Parigi, 1999, scheda 25 e 26
Floriano Grimaldi-Massimo Masci, Giambologna fra tecnica e stile, i Crocifissi documentati - Etruria