Questa intensa e potente raffigurazione di Sant'Onofrio, anacoreta vissuto in Egitto nel IV secolo, mostra una cultura figurativa particolarmente ricca e articolata. Elementi romani e napoletani si combinano felicemente grazie a una personalissima interpretazione di modelli di Guercino, Mattia Preti, Mola e Luca Giordano, che spingono il nostro dipinto da un lato verso Giacinto Brandi, dall'altro verso Paolo De Matteis. Sebbene si ritenga opportuno in questa sede lasciare aperta la questione attributiva, il tenebroso naturalismo del dipinto, governato da un raffinato magistero disegnativo, sembra spingere maggiormente l'ago della bilancia verso l'area romana degli ultimi decenni del XVII secolo.