Il dipinto è accompagnato da un expertise della Prof.ssa Federica Spadotto.
Delle vicende umane di Francesco Tironi (Venezia, 1745-1797) si sa molto poco, ma è invece piuttosto cospicuo il corpus delle opere ascrivibili alla sua mano, fortemente caratterizzate da un punto di vista sia stilistico, sia formale. Come affermato da Federica Spadotto nel suo studio sul dipinto, quest'opera è da considerare all'interno della produzione autografa dell'artista. Nell'opera qui proposta si può concretamente apprezzare gli elementi di innovazione introdotti da Tironi all'interno dell'ormai consolidata tradizione vedutistica veneziana grazie all'intenso gioco chiaroscurale, che la allontana dalla nitida visione canalettiana per avvicinarla invece alla visione più lirica e piena di pathos di Francesco Guardi, come testimonia il confronto con la tela di Waddeston Manor (cfr. A. Morasssi, Guardi. I dipinti, Milano 1993, cat. 419, fig. 2) certamente nota a Tironi. Rispetto a quest'ultima, nella nostra tela il punto di vista è ravvicinato e spostato per dare all'isola di San Giorgio e alla sua omonima basilica più risalto, mentre il numero delle barche è sensibilmente ridotto a suggerire un'atmosfera più malinconica, che restituisce l'atmosfera di fine di un epoca tipica di questa stagione della veduta veneziana.