Il dipinto reca tracce di firma non decifrabili nell'angolo in basso a destra.
Al retro la tavola reca un'antica iscrizione a pennello con numeri di inventario: "34".
Il dipinto raffigura Galatea tra le onde del mare in piedi su una grande conchiglia trainata da una coppia di delfini, che ella guida con due redini rosse, seguita da due tritoni e affiancata da un gruppo di cinque amorini. Fonte di ispirazione ovvia e inevitabile per questa ben congegnata rappresentazione del mito ovidiano è naturalmente il capolavoro di Raffaello nella Villa Farnesina alla Lungara. Il dipinto può essere avvicinato alle tendenze meno ortodosse ed estreme del naturalismo romano post-caravaggesco e in particolare ad Adam Elsheimer per il paesaggio e a Carlo Saraceni per le figure degli amorini e della stessa protagonista. La composizione mostra un rimarchevole equilibrio, frutto di un opportuno aggiornamento anche sugli orientamenti di marca più classicista diffusi dai grandi esponenti della pittura bolognese attivi in quegli anni nell’Urbe.