La moda per la pittura eseguita su pietre e marmi policromi prese piede a Roma negli ultimi decenni del Cinquecento, coinvolgendo anche artisti di primissimo piano come il Cavalier d’Arpino, e si diffuse ben presto in molti ambienti artistici italiani ed europei, a partire da Firenze. Figura cardinale nel processo di affermazione di questo nuovo genere, a mezza via tra pittura, arte suntuaria e oggettistica di alto arredo, fu il fiorentino Antonio Tempesta (1555-1630) che ne eseguì un gran numero per alcune delle più prestigiose committenze capitoline. Gli specialisti di questo genere furono impegnati a sfruttare virtuosisticamente le peculiarità coloristiche e le movimentate linee degli strati sedimentari dei supporti lapidei impiegati: fra questi, l’alabatro (così come l’alberese, la cosiddetta pietra paesina) si prestò particolarmente a delineare gli sfondi paesaggistici degli episodi raffigurati. Ne fornisce una chiara esemplificazione il bell’esemplare qui in oggetto, raffigurante il momento cruciale in cui San Francesco riceve le stigmate alla presenza del fido frate Leone, testimonianza del diffuso impiego dei supporti di pietra anche per dipinti di destinazione devozionale. Merita di essere rilevata la vicinanza con l’arte di Antonio Tempesta, come suggerisce il confronto con opere come la Vocazione di S. Pietro e l’Adorazione dei Magi, entrambi nella Galleria Borghese in Roma, o il Cristo cammina sulle acque della collezione Giulini a Milano.