Il dipinto reca sigla a pennello in basso a sinistra: "FR".
Reso noto da Ferdinando Bologna come indiscutibile dipinto autografo di Pacecco De Rosa, da principio l’iconografia del dipinto fu oggetto di una comprensibile confusione, essendo identificata la santa come Maria Maddalena. In realtà si tratta di Santa Maria Egiziaca, come dimostra l’attributo distintivo delle tre pagnotte, suo unico nutrimento durante la permanenza del deserto e simbolo della sua ascetica rinunzia a ogni bene mondano dopo la conversione seguita a una giovinezza trascorsa come cortigiana in Alessandria d’Egitto. Poche volte, nel pur cospicuo catalogo delle sue opere destinate alla devozione privata, Pacecco de Rosa si mostra così ispirato, in primo luogo dal punto di vista squisitamente pittorico, come in questa mirabile effige di santa penitente. Possiamo qui rilevare agevolmente la vicinanza del suo stile con quello del patrigno, maestro e infine socio Filippo Vitale, ma anche le tangibili relazioni formali con altri protagonisti della pittura napoletana post-caravaggesca come Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro, Giuseppe di Guido (già Maestro di Fontanarosa) e Francesco Guarino. La santa è raffigurata in uno strettissimo primo piano, che conferisce massimo rilievo alle presenze simboliche dei pani e della croce e permette la più intensa concentrazione sul volto estatico, con le lacrime che le solcano le guance in un vortice di pathos mistico che amplifica l’effetto dell’immagine e il coinvolgimento emotivo dello spettatore. Senz’altro da accogliere la datazione fissata per l’opera da Vincenzo Pacelli fra il 1640 e il 1645, nella piena maturità dell’autore, in prossimità di altri capolavori di Pacecco come l’Agar del Museo de Arte di Ponce (Puerto Rico), la Flora del Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Santa Dorotea della Narodni Galerie di Praga e la Sacra Famiglia già nella galleria antiquaria Toto a Bari.